
11.03.25 – La forma del corpo, la biologia e lo stile di vita del Megalodon, il leggendario squalo gigante che dominava gli oceani tra 15 e 3,6 milioni di anni fa, sono stati ricostruiti da un gruppo internazionale di ricercatori coordinati dal professor Kenshu Shimada della DePaul University di Chicago. La ricerca, pubblicata nella rivista Palaeontologia Electronica, ha coinvolto esperti di nove Paesi , tra cui l’Università di Pisa, unica istituzione italiana a partecipare allo studio.
Gli scienziati hanno analizzato un fossile straordinario: una colonna vertebrale parziale costituita da 141 vertebre, lunga circa 11 metri, rinvenuta in Belgio oltre un secolo fa. Lo studio delle proporzioni corporee in squali viventi ed estinti ha permesso di stimare che l’esemplare belga fosse lungo oltre 16 metri, mentre gli individui più grandi della specie avrebbero potuto superare i 24 metri, con una massa corporea di circa 94 tonnellate.
Ma la scoperta più sorprendente riguarda la forma del corpo del Megalodon. Contrariamente alle precedenti ricostruzioni che lo immaginavano come una sorta di squalo bianco “ingigantito”, il team ha ipotizzato una somiglianza maggiore con lo squalo “limone” (Negaprion brevirostris), caratterizzato da un corpo più slanciato.
Proprio una forma allungata avrebbe reso il Megalodon un nuotatore efficiente nonostante l’enorme taglia. I ricercatori hanno anche osservato come i più grandi squali moderni, come lo squalo balena (Rhincodon typus) e lo squalo elefante (Cetorhinus maximus), presentino un corpo relativamente snello, il che li rende nuotatori efficienti a dispetto delle ingenti dimensioni.
«Noto con il nome scientifico di Otodus megalodon (o Carcharocles megalodon), questo celeberrimo protagonista degli oceani del passato è conosciuto soprattutto per i suoi grandi denti, triangolari e seghettati, mentre i resti scheletrici sono estremamente rari e frammentari», spiega il professor Alberto Collareta, paleontologo al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. Aggiunge: «Proprio la mancanza di scheletri completi riferiti al Megalodon, ha spesso indotto gli studiosi a ricostruire l’aspetto di questo antico gigante dei mari come simile a quello dell’attuale squalo bianco (Carcharodon carcharias). Questa nuova ricerca rappresenta un passo fondamentale nella comprensione della biologia di uno dei più grandi predatori della storia del nostro pianeta, sfidando le tradizionali ricostruzioni ed offrendo un’immagine ancora più affascinante del Megalodon».
Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca riguarda la riproduzione del Megalodon. Gli studiosi hanno stimato che già alla nascita i piccoli di questa specie fossero lunghi più di 3 metri e mezzo. Questo suggerisce una strategia riproduttiva ovovivipara, in cui gli embrioni più sviluppati si nutrivano dei fratelli non ancora nati, un fenomeno noto come cannibalismo intrauterino.
Lo studio ipotizza, infine, che la progressiva scomparsa del Megalodon sia stata almeno in parte legata alla competizione con il moderno squalo bianco, comparso circa 5 milioni di anni fa. I due formidabili predatori, pur caratterizzati da differenti forme corporee, potrebbero aver avuto preferenze alimentari simili. Insieme ad altri fattori ambientali, la competizione con lo squalo bianco per le medesime risorse avrebbe decretato l’estinzione del Megalodon. (Red.)
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www.unipi.it
https://doi.org/10.26879/1502
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