VIII secolo a.C., Ischia: comunità cosmopolita con tante donne immigrate

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Schema grafico della ricerca (credit: Gigante/Uniroma1.it)

25.02.25 – Il primo insediamento greco nel Mediterraneo occidentale è avvenuto nell’VIII secolo a.C. nell’isola vulcanica di Ischia che ben presto diventò un vero emporio di convivenza tra comunità locali, greci e fenici. Lo rivela uno studio dal titolo Where Typhoeus lived. 87Sr/86Sr Analysis of Human Remains in the Volcanic Environment of the First Greek Site in the Western Mediterranean (Pithekoussai, Italy), pubblicato sulla rivista scientifica iScience, condotto da un gruppo internazionale di ricerca, coordinato da Melania Gigante del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova. Gli studiosi hanno analizzato i resti umani della necropoli di Pithekoussai a Ischia dimostrando la complessità delle interazioni culturali e biologiche in questo sito chiave per lo studio della nascita della Magna Grecia.

Il patrimonio archeologico di Ischia offre una visione unica sulle dinamiche della mobilità umana e delle interazioni bioculturali agli albori della Magna Grecia durante il “Mediterraneo dell’Età del Ferro” (tra l’VIII e il VII secolo a.C.). Lo studio si basa sull’analisi degli isotopi dello stronzio di denti e ossa di individui sepolti nella necropoli di Pithekoussai, molti dei quali sono stati identificati come immigrati fin dai tempi più antichi.

«Grazie all’analisi del rapporto isotopico dello stronzio (87Sr/86Sr) in campioni di tessuto mineralizzato di ossa e denti da più di 50 individui, sia inumati sia cremati, il nostro studio ha identificato un’importante componente di stranieri a Pithekoussai, rivelando una società fortemente eterogenea in cui i nuovi arrivati – greci, fenici, italici – convivevano e interagivano, contribuendo alla formazione di un’identità sociale sfaccettata e cosmopolita», spiega Melania Gigante, prima autrice dello studio.

Al riguardo, Carmen Esposito, coautrice dello studio e Marie Skłodowska-Curie Actions Research Fellow all’Università di Bologna, aggiungono: «L’integrazione tra dati archeologici, antropologici e biogeochimici ha permesso di ricostruire gli spostamenti e le interazioni tra le genti che popolavano l’isola di Ischia con un livello di dettaglio mai raggiunto prima e confermando l’immagine di un Mediterraneo di dialogo e mobilità durante il I millennio a.C.».

Non è tutto. Contrariamente a quanto ci si aspettasse, i dati dimostrano che la mobilità femminile – non solo quella di coloni maschi e mercanti, dunque – fu un elemento strutturale nella costruzione della comunità di Pithekoussai.

In merito alle tecniche di bioarcheologia utilizzate, Alessia Nava, antropologa a La Sapienza Università di Roma, docente al Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo Facciali e coautrice dello studio, sottolinea l’importanza di questo tipo di approccio scientifico: «Quanto pubblicato ben rappresenta lo stato attuale della ricerca avanzata in bioarcheologia ove si utilizzano le tecniche più all’avanguardia che aprono orizzonti di conoscenza sul passato fino a poco tempo fa inimmaginabili».

La Tomba della Coppa di Nestore

La coppa di Nestore dalla necropoli di Pithekoussai (credit: Soprintendenza Napoli/uniroma1.it)

Uno degli aspetti più significativi della ricerca riguarda la celebre Tomba della Coppa di Nestore, una delle sepolture più iconiche di Pithekoussai e dell’archeologia del Mediterraneo, datata alla seconda metà dell’VIII secolo a.C. La tomba è nota per la presenza di una coppa che reca una delle più antiche iscrizioni in alfabeto greco ad oggi conosciute, evocando il leggendario calice dell’eroe omerico Nestore. Per decenni, il significato dell’iscrizione e l’identità del defunto sono stati oggetto di dibattito. Uno studio precedente (pubblicato nel 2021 da Gigante e colleghi) aveva già dimostrato che la sepoltura conteneva resti umani e faunistici, smentendo l’ipotesi che si trattasse di un bambino cremato: ora, grazie all’analisi isotopica, gli studiosi hanno stabilito che almeno uno degli individui sepolti accanto alla preziosa coppa era nato localmente.

«Il caso della Tomba della Coppa di Nestore è emblematico della complessità di Pithekoussai come comunità multiculturale, ma anche di come la cultura omerica si diffondeva lontano dal mondo geografico greco. L’evidenza di un individuo (forse) nato localmente in una sepoltura con elementi di prestigio di chiara matrice greca apre nuove prospettive sulla costruzione delle identità e sulle dinamiche di integrazione sociale nel primo insediamento greco d’Occidente», precisa Melania Gigante.

E sull’applicabilità dell’analisi isotopica Luca Bondioli, coautore della ricerca e docente al Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, conclude: «Oltre a fornire nuove evidenze sul popolamento del Mediterraneo occidentale nella prima Età del Ferro, questa ricerca ha testato con successo l’applicabilità dell’analisi isotopica su resti umani rinvenuti in sedimenti vulcanici estremamente distruttivi, aprendo nuove prospettive per lo studio della mobilità nel passato».

Alla ricerca hanno collaborato l’Università di Bologna (Carmen Esposito), l’Università di Modena e Reggio Emilia (Federico Lugli), il Museo delle Civiltà di Roma (Alessandra Sperduti), il Ministero della Cultura (Segretariato Regionale per la Campania, Teresa E. Cinquantaquattro), l’Università L’Orientale di Napoli (Bruno d’Agostino), La Sapienza Università di Roma (Alessia Nava) e la Goethe Universität Frankfurt (Wolfgang Müller). (Red.)

Vedi
www.unipd.it
www.uniroma1.it
https://doi.org/10.1016/j.isci.2025.111927
https://heos.it/category/scienze/

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