Realizzato un nuovo materiale che assorbe gli inquinanti dall’acqua

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Enea Unipv catturare nanoparticelle d'argento
Monoliti di silice contenenti nanoparticelle d'argento di 100 nm di diametro (credit: enea.it)

Sviluppato un materiale innovativo in grado di catturare nanoparticelle d’argento disperse nell’acqua. È il risultato del lavoro di un gruppo congiunto di ricercatori dell’ENEA e dell’Università di Pavia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Molecules .

Le particelle d’argento ultra fini, di dimensioni inferiori a 100 nanometri, presentano proprietà disinfettanti che le rendono uno dei prodotti più utilizzati nelle nanotecnologie, con una produzione annua di circa 500 tonnellate. Il loro utilizzo in dispositivi medico-sanitari, elettrodomestici, mobili, spazzolini da denti e indumenti, comporta la loro dispersione in acqua, dove possono rimanere intatti per molti giorni.

Il nuovo materiale, a base di un composto innocuo e inerte utilizzato per realizzare il vetro-silice- trattato con la tecnica cosiddetta del nanoimprinting, permette di ottenere cavità delle stesse dimensioni delle nanoparticelle d’argento da rimuovere dall’acqua.

Le nanoparticelle d’argento preparate dai laboratori dell’Università di Pavia nelle dimensioni desiderate vengono disperse in una soluzione liquida dalla quale, per semplice essiccazione, si forma silice solida (detta gel) con le nanoparticelle intrappolate al suo interno. Questi vengono poi sciolti con una procedura green (ad esempio mediante esposizione all’aria in presenza di alcuni amminoacidi), l’argento viene rilasciato, recuperato e riciclato e si ottiene una silice solida con cavità identiche alle nanoparticelle disciolte. A questo punto il materiale è pronto per catturare e rimuovere selettivamente nuove nanoparticelle d’argento disperse in acqua.

«Questo studio si è concentrato sulla caratterizzazione dei monoliti di silice, prima e dopo la rimozione delle nanoparticelle», spiega Maria Lucia Protopapa, ricercatrice nel Laboratorio di Materiali Funzionali e Tecnologie per Applicazioni Sostenibili del Centro Ricerche ENEA di Brindisi. Aggiunge: «In particolare abbiamo condotto analisi chimiche, termiche e morfologiche mediante microscopia elettronica a scansione ad alta risoluzione e, soprattutto, analisi porosimetriche per ottenere informazioni sulla dimensione e sul numero dei pori sulla superficie della silice».

Piersandro Pallavicini del Dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia e coordinatore della ricerca, riprende: «Grazie anche a forti forze fisiche attrattive, le nanoparticelle entrano nelle cavità di silice di dimensioni corrispondenti. Una volta che hanno aderito ai frammenti di silice, molto più grandi, possono essere facilmente rimossi dall’acqua».

Test di laboratorio hanno dimostrato che questo materiale è in grado di catturare efficacemente nanoparticelle d’argento dall’acqua: un grammo di silice nanoimprintata (la quantità contenuta in un disco di silice di 3 centimetri di diametro e mezzo centimetro di spessore) può rimuovere oltre 4 milligrammi di nanoparticelle d’argento, circa un milione miliardi di nanoparticelle. Pertanto, la silice impressa con nanoparticelle potrebbe essere impiegata su larga scala per recuperare altri tipi di nanoparticelle, anche da acque reflue inquinate.

La collaborazione con l’Università di Pavia si inserisce in un più ampio accordo tra ENEA e Regione Lombardia per la valorizzazione delle risorse umane, con ricadute dirette sul sistema ricerca, innovazione e territorio. Questo accordo ha portato all’erogazione di 19 borse di dottorato di ricerca triennali (2019-2022) e alla creazione di tre laboratori ENEA in Lombardia, due presso il Parco Scientifico e Tecnologico “Kilometro Rosso” e uno all’Università degli Studi di Brescia. (Red.)

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www.enea.it
www.unipv.it

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