Quando la Terra aveva due lune

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Da qualche decennio, tuttavia, sembra ormai imporsi quella detta dell’«impatto gigante»
Quando la Terra aveva due lune

Erik Asphaug
Quando la Terra aveva due lune
La storia dimenticata del cielo notturno

Traduzione di Isabella C. Blum
Milano, Adelphi, 2021, pp. 445, euro 30,00

Lungo la millenaria storia dell’astronomia, la misteriosa genesi della Luna ha suscitato teorie tra le più ammalianti e visionarie, tra loro in continuità o, più spesso, in contrasto. Da qualche decennio, tuttavia, sembra ormai imporsi quella detta dell’«impatto gigante», secondo cui la Luna deriverebbe dai materiali depositati nell’orbita terrestre dallo scontro fra la Terra e un gigantesco planetoide chiamato Theia.

A tale teoria Erik Asphaug aggiunge, nel suo libro seducente e innovatore, una persuasiva sequenza: in origine, attorno alla Terra orbitavano altri “corpi minori”, uno dei quali, più consistente, sarebbe giunto a una sorta di “compenetrazione” con l’ur-Luna, il che spiegherebbe in modo inedito le profonde asimmetrie – morfologiche e chimiche – tra le due “facce” del nostro satellite.

Ma la teoria “delle due lune”, corroborata da Asphaug sulla scorta di prove astrobiologiche e raffinatissime simulazioni informatiche, è solo il motivo dominante di un libro che abbraccia l’intera architettura del Sistema Solare, a partire dai pianeti e dai loro satelliti: tra questi, le lune di Saturno, come l’immensa Titano, che raggiunge – similmente a Ganimede e Callisto, due lune di Giove già individuate da Galileo – la stessa grandezza del pianeta Mercurio; o come la piccola, nivea Encelado, di appena 500 chilometri di diametro, dove una regione punteggiata di geyser (quella a “graffi di tigre” intorno al polo sud) rivela un sottostante “oceano globale” di acqua ricca di ammoniaca, tra i maggiori candidati a ospitare forme elementari di vita extraterrestre.

L’autore. Erik Ian Asphaug (1961, Oslo, Norvegia) è professore di scienze planetarie norvegese-americano alla School of Earth and Space Exploration dell’Università dell’Arizona. Vincitore nel 1998 del Premio Harold C. Urey della American Astronomical Society , Asphaug è in prima linea tra gli scienziati che studiano la composizione della maggior parte degli asteroidi e le implicazioni di tale composizione sugli sforzi per evitare che gli asteroidi colpiscano la Terra. (Red.)

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