Politecnico Torino: la luce muoverà i soft robot del futuro

1249
08.11.23 a - b - c Istantanee del film supplementare 4 che mostrano diversi stati piegati in risposta all'illuminazione con polarizzazione lineare in diverse direzioni (freccia verde). d Sovrapposizione cronologica color arcobaleno di 18 fotogrammi di film, che illustra il comportamento di rotazione continua. L'illuminazione è fornita dall'alto, lungo l'asse z. (credit: polito.it)

Messo a punto un nuovo materiale polimerico composito, in grado di assorbire l’energia dei raggi laser e trasformarla in movimenti microscopici di parti meccaniche. Dal Medioevo fino all’odierna cultura di massa, l’azione a distanza, tradotta nella capacità di instaurare forze tra oggetti materiali senza un diretto contatto fisico, è sempre stata oggetto di grande curiosità e interesse, impegnando pensatori e scienziati in quella che è stata una delle più importanti questioni aperte della filosofia naturale. In particolare, la radiazione luminosa è stata percepita come veicolo per trasportare energia da un luogo all’altro, con visioni che spaziano dal mistico al fantascientifico. L’impiego realistico della luce come mezzo per impartire movimenti meccanici resta perlopiù una chimera o piuttosto una possibilità limitata ad alcuni specifici ambiti legati alla manipolazione di oggetti microscopici.

In questi giorni, il lavoro di un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal professor Emiliano Descrovi, del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia-DISAT del Politecnico di Torino, pubblicato sulla rivista Nature Communications propone un nuovo materiale polimerico composito in grado di assorbire parte dell’energia luminosa trasportata da un raggio laser e trasformarla in movimenti, attraverso una deformazione meccanica che dà luogo ad attuazione macroscopica.

Questo materiale può deformarsi in virtù di una particolare sensibilità alla direzione del campo elettrico associato alla luce incidente. Per ottenere questo effetto, il gruppo di ricercatori del Politecnico, insieme ai colleghi della Norwegian University of Science and Technology (NTNU) e della Technical University of Munich (TUM) hanno sfruttato la capacità di alcune molecole fotoattive contenenti azobenzene (azopolimeri) di orientarsi in base alla polarizzazione della luce che le illumina.

Questi azopolimeri, aggregati sotto forma di nanoparticelle ed impacchettati ad alta densità all’interno di un materiale elastomerico termoplastico, hanno permesso la trasposizione a livello macroscopico delle forze che governano i processi di riconfigurazione molecolare, portando su scala millimetrica gli effetti delle forze agenti a livello sub-nanometrico.

Già da diversi anni sono noti materiali polimerici (cosiddetti Liquid Crystal Elastomers) capaci di realizzare attuazione foto-indotta, ma la trasduzione meccanica ottenuta è tipicamente limitata a direzioni determinate dalla configurazione geometrica delle componenti liquido-cristalline nella matrice elastomerica, durante la fase di produzione. La principale novità di questa ricerca consiste nella natura essenzialmente amorfa del composito, che non possiede direzioni preferenziali di deformazione e la cui attuazione può quindi essere interamente controllata a distanza dallo stato di polarizzazione della luce incidente.

«Il nuovo composito, di facile produzione a partire da materiali reperibili sul mercato – sottolinea il professor Emiliano Descrovi, coordinatore della ricerca – offre interessanti possibilità nell’area della cosiddetta soft-robotic, e specificatamente in quelle applicazioni ove la manipolazione è resa difficoltosa o impossibile per problemi di collegamento elettrico degli elementi attuatori».

Aggiunge: «Al momento, stiamo esplorando possibili utilizzi in ambito biologico, in cui il carattere non-invasivo della radiazione di controllo consente di studiare la risposta di aggregati cellulari e tessuti a stimolazioni meccaniche locali, con un impatto minimo. Questo lavoro è stato reso possibile grazie al sistema di finanziamento diffuso della ricerca, attivo presso il Politecnico ormai da qualche anno. Lo ritengo un esempio virtuoso – conclude Descrovi – di come una tematica difficilmente finanziabile per via del suo carattere altamente curiosity-driven possa essere comunque esplorata per eventualmente ampliare il bagaglio di conoscenze della comunità scientifica». La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications. (Red)

Vedi
www.polito.it
https://www.nature.com/articles/s41467-023-42590-y

Suggerimenti