Alan M. Turing
Macchine calcolatrici e intelligenza
A cura di Diego Marconi
Einaudi, 2025, pp. 136, euro 13,00
22.01.25 – «Io credo che la domanda iniziale, “Le macchine sono in grado di pensare?”, sia troppo insensata perché valga la pena discuterne. E tuttavia, credo anche che alla fine di questo secolo l’uso delle parole e l’opinione diffusa delle persone colte avranno subito un cambiamento tale che si potrà parlare di macchine che pensano senza aspettarsi di essere contraddetti».
Alan M. Turing, il geniale logico, matematico e filosofo inglese, pubblica Macchine calcolatrici e intelligenza nel 1950. È il testo che ha aperto la discussione moderna sulla possibilità dell’intelligenza artificiale, oggi più che mai attuale per via delle prestazioni sorprendenti dei sistemi di IA generativa come ChatGPT. Turing si domanda se le macchine, di lì a non molto, sarebbero state capaci di pensiero, e risponde affermativamente, analizzando e respingendo varie obiezioni. Le analisi di Turing, al confine tra filosofia e informatica, hanno posto problemi di cui stiamo ancora cercando una soluzione. Diego Marconi, che cura il volume, in un saggio conclusivo ci aiuta a comprendere questo testo fondamentale e a inserirlo nell’attuale dibattito sull’intelligenza artificiale.
L’autore. Alan M. Turing (Londra 1912 – Manchester 1954) è considerato uno dei più grandi matematici del Novecento e tra i fondatori delle scienze dell’informazione e dell’intelligenza artificiale. Ammesso nel 1931 al King’s College di Cambridge, seguì tra l’altro un corso di Ludwig Wittgenstein. Turing pubblicò un articolo in cui erano formulati per la prima volta i concetti fondamentali dell’informatica, a cominciare da quello di macchina calcolatrice (la «macchina di Turing»). Durante la Seconda guerra mondiale venne reclutato da Bletchley Park, il principale centro di crittoanalisi del Regno Unito: ebbe un ruolo determinante nella decifrazione dei messaggi radio criptati usati dall’apparato militare della Germania nazista, dando un contributo importante alla sua sconfitta. (Red.)
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