Il Polo Nord sta perdendo la memoria

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È quanto scoperto da un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr e dall’Università Ca’ Foscari Venezia.
Il ghiacciaio dell’Holtedahlfonna, isole Svalbard, visto del sito di campionamento dall’interno della trincea scavata per prelevare i campioni di ghiaccio (credit: Federico Scoto, CNR-ISP )

A causa del riscaldamento globale si sta rapidamente perdendo il segnale climatico contenuto nei ghiacciai delle isole Svalbard che si stanno sciogliendo ad una velocità impressionante.

In tutto il Mondo i ghiacciai si stanno ritirando a una velocità senza precedenti, e questo sta comportando la perdita delle informazioni riguardanti la storia del clima e dell’ambiente in essi contenute. A perdere la memoria sono anche i ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard, nel Circolo polare artico: lo dimostra per la prima volta uno studio internazionale pubblicato sulla rivista The Cryosphere, guidato da ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

«Dobbiamo pensare agli strati di ghiaccio come a pagine di un manoscritto antico che gli scienziati sono in grado di interpretare. Anche se le evidenze del riscaldamento atmosferico sono ancora conservate nel ghiaccio, il segnale climatico stagionale è andato perduto», spiega Andrea Spolaor, ricercatore del Cnr-Isp. Aggiunge: «I ghiacciai a queste quote – con l’attuale tasso di riscaldamento e l’aumento della fusione in estate – rischiano di perdere le informazioni climatiche registrate al loro interno, compromettendo la ricostruzione del cambiamento climatico affrontato dalla Terra nel corso del tempo».

Dal 2012 al 2019, il team di ricerca ha studiato l’evoluzione del ghiacciaio dell’Holtedahlfonna, uno dei più elevati dell’arcipelago delle Svalbard, scoprendo che il segnale climatico, visibile nel 2012, era completamente scomparso nel 2019.

«L’arcipelago delle Svalbard è particolarmente sensibile ai cambiamenti del clima, a causa dell’altitudine relativamente bassa delle sue principali calotte glaciali», riprende Carlo Barbante, direttore del Cnr-Isp e professore all’Università Ca’ Foscari. E sottolinea: «Inoltre, la posizione geografica enfatizza il fenomeno dell‘amplificazione artica, ossia l’aumento delle temperature più rapido rispetto alla media globale, causato da processi come la riduzione del ghiaccio marino e dell’albedo, che è la capacità di rifrazione dei raggi solari. Quest’ultima, tipica delle superfici chiare, contribuisce a mantenere le temperature più basse».

Proprio per mettere in salvo questi archivi, nel 2023 i ricercatori impegnati nei progetti Ice Memory e Sentinel hanno portato a termine una complessa campagna di perforazione del ghiacciaio dell’Holthedalfonna, riuscendo ad estrarre tre carote di ghiaccio profonde. La speranza della comunità scientifica è che questi campioni contengano ancora informazioni climatiche rappresentative della regione.

Al riguardo, Jacopo Gabrieli, ricercatore del Cnr-Isp, conclude: «I risultati di questa ricerca, evidenziando la minaccia che gli effetti del cambiamento climatico rappresentano, sottolineano la necessità di preservare gli archivi glaciali e le relative informazioni climatiche, ora a rischio a causa del riscaldamento globale». (Red.)

Vedi
www.cnr.it
www.unive.it

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