I tornado nella Pianura Padana e la dinamica del “punto triplo”

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È il cosiddetto “punto triplo”, cioè la confluenza di tre masse d’aria: umida, secca e più fredda.
Immagine artistica del "Punto triplo" nella pianura padana (credit: cnr.it)

I tornado che si manifestano nel Nord Italia, e in particolare nella zona della Pianura Padana, si formano alla confluenza di tre masse d’aria con caratteristiche e provenienza diversa, con una dinamica simile a quella osservata nelle grandi pianure americane. È il cosiddetto “punto triplo”, cioè la confluenza di tre masse d’aria: umida, secca e più fredda. È questo il risultato di una ricerca congiunta dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr e delle università di Bologna, Bari e Milano. Lo studio che permetterà di migliorare la previsione di questi fenomeni distruttivi è stato pubblicato nel Monthly Weather Review.

La ricerca si focalizza sui fenomeni legati ai tornado che si verificano con particolare frequenza tra Lombardia ed Emilia-Romagna. Tra questi, un evento di notevole rilevanza è quello accaduto nel settembre 2021, dove si sono sviluppati sette tornado in poche ore, causando gravi danni in numerose località della Pianura Padana. Ben quattro di questi vortici sono stati classificati di grado F2 secondo la scala Fujita (che classifica i tornado da 0, debole, a 5, danni devastanti), mentre tre sono stati classificati di grado F1. Sebbene la Pianura Padana sia ritenuta un hot-spot per lo sviluppo di tornado in Europa, per via della complessa orografia della regione dove Alpi e Appennini modulano i flussi atmosferici nei bassi strati, la sequenza registrata ha rappresentato un evento inusuale, che ha spinto i ricercatori ad approfondire i meccanismi fisici che hanno portato alla genesi dei vortici.

«Lo studio delle osservazioni al suolo durante l’evento ha evidenziato come i tornado si siano sempre sviluppati a non più di 20-30 km di distanza da una dryline, ossia da un fronte di aria secca che discendeva dagli Appennini, e nei pressi di una discontinuità fredda generata da temporali sulla pedemontana alpina», afferma Vincenzo Levizzani, dirigente di ricerca del Cnr-Isac. Aggiunge: «Contemporaneamente, correnti da sud-est molto umide soffiavano dal Mar Adriatico verso la Pianura Padana. Significativamente, altri temporali, che si sono sviluppati durante quella giornata in Pianura Padana ma a distanza maggiore dal punto triplo, non hanno generato tornado».

Particolarità dello studio è stato realizzare simulazioni numeriche ad alta risoluzione con il modello meteorologico MOLOCH, sviluppato all’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima di Bologna (Cnr-Isac), allo scopo di simulare le supercelle che hanno generato i tornado. «Il modello è stato in grado di riprodurre correttamente lo sviluppo delle supercelle tornadiche e la complessa interazione dei flussi in superficie emersa dalle osservazioni», sottolinea Silvio Davolio, professore all’Università di Milano, associato al Cnr-Isac.

Al riguardo, Mario Marcello Miglietta, professore all’Università di Bari e associato di ricerca Cnr-Isac, osserva: «Il modello ha rivelato una marcata rotazione del vento nelle vicinanze della dryline in relazione alla quota: da sud-est nei pressi del suolo, a sud-ovest sopra il primo chilometro. Questo peculiare profilo del vento ha generato la vorticità che porta allo sviluppo dei tornado. Inoltre, nei pressi del punto triplo si è accumulata molta umidità, che incrementa l’instabilità potenziale, un altro elemento importante per la genesi di questi fenomeni violenti».

Francesco De Martin, dottorando dell’Università di Bologna e primo autore dell’articolo, così conclude: «Il modello concettuale proposto, ottenuto da un’approfondita analisi di osservazioni e simulazioni numeriche, è ispirato alla dinamica osservata negli Stati Uniti nella cosiddetta “Tornado Alley”, dove i tornado si formano alla confluenza di masse d’aria umida provenienti dal Golfo del Messico, masse d’aria secca dalle Montagne Rocciose e masse d’aria più fredda dal Canada. Nel caso della Pianura Padana si osserva qualcosa di simile, ma a scala molto più ridotta».

Questo studio, grazie alla miglior comprensione delle dinamiche che generano i tornado, potrebbe contribuire a migliorarne le previsioni, anche se rimangono ancora caratterizzate da un certo grado di incertezza. Ancora oggi, infatti, è impossibile conoscere nel dettaglio se, dove e quando si svilupperà un tornado, anche a poche ore dall’evento atmosferico. (Red)

Vedi
www.cnr.it

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