Adesso si può tracciare senza errori le sorgenti dei PFAS, gli “inquinanti eterni”

70
La aree inquinate da PFAS in Veneto

16.10.25 – Sviluppato il primo metodo analitico per l’analisi isotopica dei principali PFAS presenti nell’ambiente. La ricerca è stata condotta al Dipartimento di Scienze della Terra dell’università Sapienza di Roma. I risultati sono stati pubblicati nella rivista Science of The Total Environment.

I PFAS sono sostanze chimiche create dall’uomo, presenti in molti prodotti grazie alla loro resistenza al calore e all’acqua. Si trovano tra l’altro come composti nelle pentole antiaderenti, negli indumenti impermeabili, nelle schiume antincendio oppure negli imballaggi alimentari o nei cosmetici. Esse non si degradano nell’ambiente e si accumulano negli organismi viventi, compreso l’uomo con effetti cancerogeni. Per la loro persistenza vengono anche chiamati “inquinanti eterni”.

In questo contesto critico si è sviluppato lo studio di Eduardo Di Marcantonio, dottorando al Dipartimento di Scienze della Terra, sotto la supervisione dei professori Luigi Dallai e Massimo Marchesi. Ricerca che ha portato allo sviluppo del primo metodo analitico per l’analisi isotopica dei principali PFAS presenti nell’ambiente.

Le analisi isotopiche rispetto a quelle chimiche non si limitano a rivelare la presenza e la quantità di un composto, ma restituiscono un valore che per lo stesso composto può essere diverso in base al processo chimico, fisico o biologico che lo ha originato. Questo tipo di analisi permette quindi, in condizioni di inquinamento diffuso, di differenziare le diverse sorgenti nonché la dispersione nell’ambiente.

Dopo oltre 300 tentativi sperimentali, il gruppo di ricerca ha messo a punto un protocollo che permette di ottenere “firme isotopiche” specifiche per PFAS provenienti da diversi produttori industriali. Questa caratterizzazione rende possibile distinguere le origini dei composti, persino in scenari di inquinamento diffuso – cioè con sorgenti molteplici e non identificabili puntualmente.

Lo studio, ha anche mostrato significative differenze isotopiche tra PFAS di origine diversa, aprendo la strada all’identificazione delle fonti di questi “contaminanti eterni” nell’ambiente.

Questa nuova metodologia, che restituisce il primo tracciante di sorgente per contaminanti così pericolosi per la salute e allo stesso tempo troppo poco monitorati fa parte di un progetto pilota che è stato avviato, in collaborazione con il CNR, per analizzare campioni provenienti dalla zona rossa di contaminazione da PFAS in provincia di Vicenza. (Red.)

Vedi
https://www.uniroma1.it
https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2025.180564
https://heos.it/category/ambiente/

Vedi anche
https://heos.it/category/libri-in-vetrina-25/
https://www.gazzettadiverona.it/category/in-libreria-25/

Suggerimenti